Sede all’Estero ma tassazione in Italia? Può succedere!

Se abbiamo una società con sede in un Paese diverso dall’Italia, siamo sicuri di non essere soggetti alla tassazione italiana?

In questo articolo tratteremo la disciplina dell’ esterovestizione. Con questo termine si intende la localizzazione fittizia e simulata della residenza fiscale di una società all’estero.

Tale espediente viene spesso utilizzato al fine di sottrarsi agli adempimenti italiani trasferendo la residenza in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso. Da precisare che una società che trasferisce la propria sede in un altro Stato non pone in essere alcun comportamento elusivo e abusivo. L’abuso avviene quando invece il trasferimento risulta simulato e non reale e posto in essere  al fine di sfruttare i vantaggi fiscali di un altro Paese.

Il concetto di esterovestizione è strettamente correlato a quello di residenza; difatti, si definisce esterovestito quel soggetto che, pur avendo la sede formale all’estero, deve considerarsi fiscalmente residente nel territorio italiano. In base alle normativa vigente (art.73.3 TUIR), “…ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato…”.

L’ ordinamento italiano ha quindi posto rimedio a questa pratica elusiva specificando i casi in cui si presume che il trasferimento sia stato fittizio considerando così il soggetto come un residente nel territorio nazionale.  Affinché ci sia esterovestizione, devono quindi sussistere due elementi:

  • La natura fittizia della localizzazione all’estero della società. In altri termini l’attività economica non viene esercitata nel Paese estero, ma bensì le decisioni strategiche e l’attività di impresa vengono svolte prevalentemente nel territorio italiano.
  • Il risparmio d’imposta collegato al trasferimento della residenza.

Cosa accade invece nel caso in cui una società estera non opera direttamente sul territorio italiano ma detiene una partecipazione in una società italiana?

In aiuto a tale casistica interviene l’art.73.5bis del TUIR il quale definisce che: “Salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

  • Sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma , del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
  • Sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.”

Con l’applicazione della presunzione di residenza, il soggetto estero si considera a tutti gli effetti residente nel territorio italiano, a meno che non fornisca la prova contraria (a suo carico), atta a dimostrare la sua reale residenza all’estero.

Le strategie di delocalizzazione o di trasferimento sono da approfondire e da attuare in modo corretto al fine di non incorrere in accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria.

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